Aggiornamenti di Google? Sono affari tuoi

Paolo Costa
4 min readFeb 15, 2020

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Se il tuo business dipende in misura significativa dal traffico organico proveniente da Google Search, le fluttuazioni causate dagli aggiornamenti degli algoritmi di posizionamento del motore di ricerca possono avere un impatto importante su di esso.

Sito web di TechTarget.

L’ultima comunicazione periodica di TechTarget agli azionisti, diffusa il 12 febbraio scorso, contiene un passaggio meritevole di qualche riflessione. La società americana — quotata al NASDAQ e specializzata nella fornitura di contenuti e servizi di marketing di tipo “data-driven” — segnala un calo del 25% del traffico organico proveniente da Google Search nel mese di novembre. Nella nota si precisa che la diminuzione del traffico di ricerca non ha avuto alcun impatto sui risultati commerciali. Anzi, il trimestre viene presentato come il migliore di sempre in termini di volumi, profitti, margini e flusso di cassa. In particolare i ricavi di TechTarget sono cresciuti, nell’ultimo trimestre del 2019, del 13%. Del resto la quota di ricavi della società americana correlati più direttamente con il traffico del sito web non supera il 15% dei ricavi totali.

Il mercato ha salutato positivamente i risultati di TechTarget, come dimostra il forte interesse per il titolo registrato a valle della trimestrale (vedi grafico qui sotto).

Andamento del titolo di TechTarget al NASDAQ negli ultimi sei mesi.
Andamento del titolo di TechTarget al NASDAQ negli ultimi sei mesi.

Resta il fatto che il calo del traffico di ricerca registrato da TechTarget in novembre è di notevole entità, tale appunto da meritare una segnalazione ufficiale. «Il traffico organico rappresenta il 94% del nostro traffico totale» si legge nella nota. Non è un dettaglio: a differenza di altri operatori, TechTarget punta in larghissima misura appunto sul traffico organico. Per questo — spiega sempre la società americana — «operiamo con un margine lordo del 76% e possiamo agire su una consistente leva operativa nel nostro modello, a differenza di molte attività internet i cui costi di acquisizione del traffico aumentano linearmente con i ricavi».

Tutta colpa dell’algoritmo?

Il punto è che, secondo gli analisti di TechTarget, il calo del 25% del traffico organico sarebbe imputabile a cambiamenti introdotti da Google Search nell’algoritmo di posizionamento dei risultati proprio all’inizio di novembre. In particolare tali cambiamenti avrebbero impattato negativamente sia sui contenuti accessibili solo agli utenti registrati, sia su quelli di pubblicazione meno recente. Intendiamoci: TechTarget non lancia alcuna accusa a Google, ma si limita a parlare di un problema di ottimizzazione («technical SEO issue»), dichiarandosi ottimista sulla possibilità di risolverlo.

Non vi è notizia di particolari cambiamenti da parte di Google, per quanto riguarda il posizionamento dei contenuti protetti da registrazione o da paywall. È certo che si tratta di contenuti da trattare con cautela in ottica SEO. Il rischio, infatti, è che il motore di ricerca confonda il paywall per una pratica di cloaking, consistente com’è noto nella somministrazione agli utenti di contenuti diversi da quelli presentati ai motori di ricerca. Per evitare che ciò accada, è necessario utilizzare il metodo JSON-LD di schema.org e classificare i contenuti protetti da paywall con le proprietà CreativeWork, da inserire nell’intestazione del documento HTML (nella Guida per gli sviluppatori di Google si spiega come, qui). In ogni caso è difficile immaginare che il problema di TechTarget sia questo.

Che a novembre sia accaduto qualcosa di relativamente significativo sembra confermato dalla ricostruzione del solito Barry Schwartz. In un post del 12 novembre 2019 Schwartz riferiva di alcuni siti che dichiaravano fluttuazioni di traffico organico comprese fra il 30 e il 50%, quindi di entità addirittura maggiore rispetto a quella segnalata da TechTarget. Ovviamente non è detto che l’impatto sia sempre negativo. Le fluttuazioni possono anche essere verso l’alto. Spindox, per esempio, ha beneficiato in misura apprezzabile del cosiddetto September 2019 Google Core Update, al quale facevo riferimento qui. Quello di novembre, però, non può essere definito a tutti gli effetti un “core update”, in quanto non preannunciato da Google e in quanto di entità tale da non essere registrato da strumenti come SEMrush e Mozcast.

Sappiamo che a gennaio c’è stato un altro core update di Google e che, mentre scriviamo questa breve nota, si formulano diverse ipotesi in relazione a ulteriori cambiamenti in corso. Il grafico qui sotto mostra come, fra il 7 e l’11 febbraio 2020, l’indice delle fluttuazioni nel posizionamento dei risultati delle ricerche su Google sia risultato decisamente superiore alla media.

Indice di SEMrush relativo alla fluttuazione del posizionamento dei risultati nelle ricerche di Google.
Indice di SEMrush relativo alla fluttuazione del posizionamento dei risultati nelle ricerche di Google.

Del resto, come la stessa Google non si stanca di ricordare, l’algoritmo con cui il motore posiziona i risultati delle ricerche evolve continuamente. Il punto semmai è un altro. Si tratta di prendere consapevolezza dell’impatto che le scelte compiute dalle parti di Mountain View possono avere sul nostro business.

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Paolo Costa

Postmedia, digital humanities, relationships between technology and societal change.